Quando si presenta per la prima volta nel mio studio l’aspetto di Roberta, diciassette anni, rivela fin dal primo istante la conflittualità interna e relazionale.
Colpisce e stride tantissimo infatti il contrasto tra l’aspetto angelico del suo volto dai lineamenti delicati, gli occhi azzurri ed i lunghi capelli biondi su un corpo da top model e ciò che Roberta vuole mostrare di sé, la rabbia e la trasgressività che trasudano dai suoi jeans strappati, le scarpe da ginnastica sdrucite e al collo una collana con un teschio.
Mi dice che il padre nasconde dietro una facciata elegante e di successo la sua vera identità di maschilista aggressivo e dipendente dall’alcool mentre la madre è “una donnetta stupida e insignificante” che subisce passivamente da oltre vent’anni le angherie del marito senza nemmeno tentare di liberarsene. Roberta ha inoltre due fratelli di 19 e 22 anni che “non vedono e non pensano oltre alle loro auto sportive, al loro guardaroba firmato e agli aperitivi in centro.”
Ciò che alimenta la rabbia di Roberta è il fatto che il padre non riesca a capire che lei è libera e capace di decidere con chi uscire, dove andare e come vestirsi tanto quanto i due fratelli maschi.
Roberta mi dice che se il padre ha tante preoccupazioni per lei è solo perché non sa nulla di lei e di come vanno le cose nel mondo, la sua famiglia vive in una gabbia dorata e fasulla in cui lei non ha alcuna intenzione di farsi rinchiudere.
Roberta frequenta il quarto anno del liceo classico “senza infamia e senza lode” per dirla con le sue parole. Non ha mai incontrato veri ostacoli nello studio, al contrario è sempre stata una studentessa brillante, ma adesso non riesce più a provare alcun interesse o passione per i contenuti che la scuola le propone, né a concentrarsi sui libri quando decide di farlo. Da un lato Roberta si sente bloccata e vuota e se ne rammarica, dall’altro se se vanta sottolineando la distanza tra sé e le compagne di classe che studiano come oche, parlano solo di verifiche ed interrogazioni, non escono mai e non sanno nulla del mondo.
Le angosce di Roberta sono fondamentalmente concentrate sull’identità e sul ruolo femminile che l’aspetto del suo corpo, di cui cerca di nascondere l’evidente bellezza con un makeup pesante e maglioni informi, finisce per esaltare. Roberta teme infatti che la bellezza sia considerata il suo tratto dominante e che quindi influenzi le relazioni interpersonali, suscitando invidia e competizione nelle amiche e mettendola a rischio nei rapporti con gli uomini dai quali ha paura di sentirsi usata.
Nell’ultimo periodo, in un crescendo di sfida e provocazione rivolta ai genitori, Roberta ha messo in atto comportamenti a rischio sperimentando marjuana ed alcool. Proprio nel racconto di tali esperienze emerge, al di là della maschera ostile e trasgressiva, il dolore profondo di Roberta, il vissuto di fallimento personale e disorientamento, la propria identità che non riesce ad affermarsi oltre alla trasgressione ed alla protesta.
Nonostante l’ostilità dichiarata Roberta non sta certo in silenzio, al contrario mi travolge con dichiarazioni appassionate e rabbiose, rivelando l’intensità del proprio desiderio di essere capita e riconosciuta da un adulto estraneo alla sua famiglia, da cui Roberta sembra aver ricavato soprattutto l’immagine di una femminilità mortificata e ferita che non sa più come esprimersi.
Psicologo, psicoterapeuta, sessuologo clinico Dott Marco Lodi - Cento (Ferrara) e Mirandola (Modena)
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