Questa è la storia di Giulia, una donna di 38 anni che viene a consultarmi perché si sente sola. Con molta ragionevolezza mi dice: “Meglio sola che male accompagnata”. Ma questa solitudine la manda in depressione.
Giulia sta vivendo una importante storia con un appassionato di motociclette, un fanatico che considerava anche la loro relazione sentimentale un fatto puramente meccanico. Autoritario e virile solo all’apparenza, il suo partner applica il principio dell’usa e getta ai suoi rapporti con le donne. Ed era in un certo senso più attaccato alle sue motociclette che alle sue ex-fidanzate anche in passato.
Rimane però profondamente delusa quando lui annuncia l’arrivo di alcuni amici francesi che non vede da moltissimo tempo e con i quali passerà un weekend di lavoro e corse in moto. In aggiunta, chiede a Giulia di attendere il suo ritorno con le mogli degli amici.
Giulia è presa da una crisi di insonnia, aggravata da un attacco di orticaria. La sua pelle si copre di macchie che la rendono impresentabile e che obbligano lui ad annullare il weekend al circuito delle corse in moto. L’aggravamento della sintomatologia induce infine Giulia a chiedermi di vedermi.
Questa ricerca di fusione agisce ad un livello più profondo di quanto lei pensasse. Questa consapevolezza la riporta alla sua storia personale e in particolare familiare. Inizia quindi a riesaminare i rapporti affettivi apparentemente maturi, in realtà ambivalenti, che la legavano ai propri genitori. Giulia era stata una bambina modello, brava negli studi, non osava mai disobbedire, adattandosi prontamente ai desideri dei genitori e in particolare a quelli della madre. Non sapeva dire no. Come sostiene Spitz nel suo celebre libro intitolato “Il no e il sì” il “no” non è soltanto la reazione negativa del bambino capriccioso, ma contraddistingue anche una fase dello sviluppo indispensabile che va dalla prima infanzia all’adolescenza. E’ proprio attraverso il “no” che il bambino si definisce come altro rispetto alla madre e pone le basi della sua identità futura e della sua autonomia.
La conquista dell’autonomia è una fase intermedia indispensabile per poter giungere poi ad una condivisione con il partner priva di rischi per la propria individualità. Se non si raggiunge e si integra nella propria storia questa fase dello sviluppo, è forte il rischio di fondersi e confondersi con l’altro, dipendere da lui, cedere e abbandonarsi a lui senza condizioni. Da qui nascono i rischi di essere plagiati e manipolati.
Psicologo, psicoterapeuta, sessuologo clinico Dott Marco Lodi - Cento (Ferrara) e Mirandola (Modena)
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